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In “Arte di ascoltare e mondi possibili”[1], l’autrice Marianella Sclavi[2], paragona le emozioni a “passi di danza” che, della danza, sono “parte e proposta”. La metafora torna utile per chiamare subito in ballo due aspetti della comunicazione (che potremmo considerare il “campo da gioco” dell’ascolto attivo):
Immaginiamo di trovarci ad un corso di balli di sala. L’insegnante insegna a tutti il passo base della salsa davanti a uno specchio. Tutti hanno modo di praticarlo guardando la propria immagine riflessa e trovando una propria dimensione nell’apprendimento del ritmo, dello stile e della postura e lavora poi per armonizzare quanto appreso con la musica. Successivamente, l’insegnante forma delle coppie ed è a quel punto che iniziano i problemi. C’è chi pesta i piedi all’altro, chi vuole portare il movimento, chi non si lascia portare perché ha paura e, in breve, nel primo quarto d’ora di pratica di coppia, si creeranno dei conflitti. A quel punto, il bravo insegnante, inizierà a capire che c’è un problema di “partnering” che, nella stragrande maggioranza dei casi, non deriva dalle competenze tersicoree del singolo, ma da corrispondenze emotive tra i due danzatori. Un marito che al corso “non ci voleva venire”, è dominato dal rancore; una donna che pensa che il suo compagno in sala sia un maschilista, è dominata dal disprezzo; un uomo che rivede nella partner il suo capo incompetente, è dominato dal risentimento e così via. Perfino un’emozione positiva come l’attrazione fisica può essere un problema.
Il bravo insegnante di danza avrà degli strumenti per dare una dimostrazione. Divide per un momento una coppia e prende il posto alla guida. Se facciamo uno sforzo di immaginazione e visualizziamo quel momento, possiamo vedere l’insegnante che, come prima cosa, si avvicina con cautela e osserva la partner (sguardo basso sul suo centro da cui il movimento parte); le prende la mano e le scrolla il corpo per “sentire” dove sta poggiando il peso; le fa da contrappeso e, in breve, le dà quello di cui ha bisogno per centrarsi; quando è sicuro di essere in relazione con lei, prima di iniziare a volteggiare insieme, la guarda negli occhi e “ascolta” internamente il livello di prontezza dell’allieva. Solo allora sarà in grado di impartire l’istruzione prima al proprio corpo e, quindi, a quello dell’altra che percepirà l’offerta e sarà in grado di restituire un impulso armonioso.
In questa storiella, l’insegnante non ha bisogno di “imporsi” emotivamente sulla partner in quanto ha in primo luogo delle competenze che lo rendono sicuro; inoltre, quel che è più importante, l’esperienza gli ha insegnato che l’unico modo di comunicare con chi ha un momento di crisi (in questo caso, per esempio, potrebbe essere la paura dell’allieva di non essere in grado di ballare o di essere presa in giro per la propria goffaggine) è, per prima cosa, mettersi in ascolto dei bisogni dell’altro e di come questi si trasferiscono sul corpo.
La metafora della danza ci aiuta a comprendere certe dinamiche del vissuto in maniera intuitiva e ci dà un assaggio di come si possono evolvere le dinamiche relazionali in un ambiente specifico (in questo caso: la sala prove).
Poiché vogliamo porre il focus sull’arte di ascoltare e sulla funzione benefica che questa ha nella risoluzione dei conflitti e nella pratica della comunicazione, proverò ad esaminarne i fattori d’interferenza come colui che, per imparare la strada, voglia preventivamente tracciare una mappa dei più comuni ostacoli che lo attendono.
[1] Edito da Bruno Mondadori.
[2] Marianella Sclavi ha insegnato etnografia urbana, arte di ascoltare e gestione creativa dei conflitti al Politecnico di Milano e collabora da anni a progetti di risanamento dei quartieri in crisi.
[3] Le EMOZIONI sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. Secondo la maggior parte delle teorie moderne, le emozioni sono un processo multi-componenziale, cioè articolato in più componenti e con un decorso temporale che evolve. In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell’individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni psicofisiologiche) e una funzione auto-regolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche). Si differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d’animo, anche se questi termini vengono spesso usati indifferentemente nel senso comune. (da Wikipedia)
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